RIPETIZIONE DELL'INDEBITO ED APPLICAZIONE DELLA NORMA AL DIRITTO DEI CONTRATTI

 

ARGOMENTI

 

- Riepilogo delle lezioni precedenti

- Il problema delle restituzioni

- Ripetizione dell’indebito

- Applicazione di queste norme al diritto dei contratti

- Diritto contrattuale europeo

Restituzione delle prestazioni a seguito della risoluzione del contratto. Quando nasce  tale problema? Nasce quando una delle parti almeno abbia eseguito la propria prestazione. Come dobbiamo considerare la posizione dell’altra parte? Sicuramente poiché il contratto è stato risolto, questo soggetto ha ricevuto un arricchimento indebito, allora si è pensato in un primo momento di trattare questo problema delle restituzioni come un danno da affidamento, perché il contraente che ha eseguito la prestazione lo ha fatto confidando nel fatto che anche la controparte avrebbe adempiuto, e quindi il suo interesse sarebbe quello di ritrovarsi nella stessa situazione in cui versava prima della stipula del contratto. Notava Di Majo, a proposito della risoluzione, che l’interesse del contraente che ha adempiuto, e il contratto si è risolto, non è quello di ritrovarsi nella stessa situazione, è quello di riottenere la sua prestazione. Allora come può essere soddisfatto questo interesse? Le restituzioni presuppongono che il contratto sia sciolto, e quindi vanno trattate come una ripetizione di indebito, ma in altre lezioni abbiamo trattato anche che nella giurisprudenza italiana, le restituzioni dovute a risoluzione del contratto per inadempimento, vengono assorbite nel risarcimento del danno, e avevamo trovato una conferma a questo orientamento, nel fatto che la Cassazione considera l’obbligo delle restituzioni come un debito di valore, e non un debito di valuta, ed avevamo anche aggiunto che era stata attratta nell’ambito dell’obbligazione risarcitoria. Però questo cosa comporta? Comporta che, l’inquadramento nel risarcimento, può andar bene nel momento in cui vi sia un contraente inadempiente, e quindi vi sia una responsabilità, adesso che approfondiremo il problema delle restituzione, vedremo che non sempre si configura una responsabilità, ed allora notava Di Majo, che si arriva alla conseguenza che se le restituzioni sono dovute dal contraente inadempiente, avranno natura risarcitoria, se invece colui che deve restituire la prestazione è il contraente adempiente, non potremo qualificarle come atto illecito, come un risarcimento, e allora deve essere applicata la disciplina dell’indebito. Questa diversità per Di Majo non è accettabile, perché il contratto si è cancellato per entrambe le parti.

Il problema delle restituzioni

tutela restitutoria: la tutela restitutoria è quella tutela che ha per obiettivo quella di ripristinare la situazione di fatto e di diritto in cui il patrimonio del soggetto si trovava prima di un certo avvenimento, lo diciamo genericamente perché può essere il più vario. Appare subito evidente la differenza con il risarcimento del danno. Perché il risarcimento non consiste nel ripristinare una situazione per com’era, ma tenere indenne il soggetto dal peso del danno che ha subito. Quindi dal punto di vista strutturale, ma anche funzionale, sono delle situazioni completamente diverse.

Non è un problema di danno nella tutela restitutoria, quanto vi è stata un’alterazione della situazione di fatto o di diritto, e quindi questa alterazione deve essere corretta, curata.
Di che tipo di alterazioni possiamo parlare? Generalmente si dice che l’indebito riguarda la tutela restitutoria per un’alterazione che si è verifica contra ius e alterazioni che si sono verificate sine causa.
Contra ius: quando c’è stata violazione di un diritto, in questo caso il titolare del diritto, deve avere a disposizione un rimedio per essere reintegrato nella sua situazione. Se ricordiamo quanto abbiamo trattato nella prima lezione, abbiamo fatto molteplici esempi sui diritti reali e sul diritto di proprietà, e in questo caso quello che ci può venire in mente è quello del proprietario che subisce una lesione nel suo diritto di proprietà, e a questo punto è chiaro che la stessa violazione del diritto gli da la facoltà come tutela di ottenere la restituzione del bene ad ex se è stato distrutto il muro di confine, di vederselo ricostruito, se gli è stata distrutta la macchina in un incidente, di ottenere la riparazione, la riparazione è una forma di tutela restitutoria. Però dice Di Majo il vero cuore della tutela restitutoria non è questo, perché la violazione di un diritto è chiaro che ci da questo, è una conseguenza logica, ovvia alla restituzione di un diritto, la facoltà di ottenere il ripristino.

Il vero cuore della tutela restitutoria sta nelle alterazione delle situazioni di fatto e di diritto che si sono verificate sine causa, in cui vi è uno spostamento di natura patrimoniale dalla sfera giuridica di un soggetto ad un altro che non ha giustificazione, e ciò a prescindere che vi sia stato un comportamento illecito. Quindi l’unico presupposto che conta è uno spostamento patrimoniale che non ha giustificazione. Qual è il significato? Che la tutela restitutoria non è né una tutela di natura reale, né una tutela di natura personale.
Ricordiamo la distinzione tra tutela reale e tutela personale.
Tutela reale: quando il diritto tutelato ha natura reale, quindi è una tutela che si può esercitare nei confronti di chiunque abbia leso quel diritto, con l’effetto che i provvedimenti che hanno ad oggetto una tutela reale sono opponibili nei confronti di chiunque.
Tutela personale: tutela un diritto di credito, una tutela contrattuale, personale, quindi il rapporto giuridico tra due soggetti si riflette anche nella sede processuale della tutela, quindi la mia pretesa si rivolge contro un soggetto determinato, e la sentenza che concluderà quel giudizio, potrà essere opposto solo contro quel soggetto.
La dottrina si era posto il problema del se la tutela restitutoria fosse di natura reale o personale. Non è né l’una né l’altra, perché può essere sia reale quando nasce dalla violazione o dall’alterazione di un diritto reale, ma può essere anche personale, è questo il caso soprattutto degli spostamenti patrimoniali, perché in questo caso, la pretesa alla restituzione, alla reintegrazione, sarà rivolta verso il soggetto che ha beneficiato senza giustificazione dell’attribuzione dello spostamento patrimoniale. Ancora un’altra conseguenza della tutela restitutoria, quando la tutela restitutoria ha ad oggetto la difesa del diritto di proprietà o di un altro diritto reale, allora avrà ad oggetto quello specifico bene, ad ex la riparazione di quella macchina.

Quando invece la tutela restitutoria ha ad oggetto spostamenti di tipo patrimoniale, sicuramente potrà avere ad oggetto beni di tipo specifico, però in questi casi potrà anche avere ad oggetto il valore corrispondente alla dimunizione patrimoniale che ha subito il soggetto che ha dato. Un’altra caratteristica della tutela restitutoria è la sussidiarietà, le norme sulla ripetizione dell’indebito e sull’arricchimento ingiustificato si possono applicare solo quando non ci sono dei rimedi di tutela specifici a tutela di quel diritto o di quella situazione.

Ripetizione dell’indebito

Gli articoli del cc di riferimento sono 2033 e ss.
L’art 2033 tratta dell’indebito oggettivo e l’art 2036 dell’indebito soggettivo. Di Majo ci tiene a precisare che l’ipotesi più importante è sempre quella in cui la causa negoziale, la giustificazione di una prestazione, non è mai esistita fin dall’inizio o è venuta meno.
Art 2033: chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato, ha diritto ai frutti, agli interessi etc.
Art 2036: chi ha pagato un debito altrui credendosi debitore in base ad un errore scusabile può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato del bene in buona fede etc.
L’indebito oggettivo è una prestazione che non si doveva ad alcun titolo, è un pagamento che oggettivamente non era dovuta.
L’indebito soggettivo è la prestazione che il soggetto doveva, ma a favore di un soggetto diverso da quello che l’ha ricevuta.
C’è una differenza tra i due articoli, l’errore è richiesto solo nell’indebito soggettivo, il motivo va ricercato in un’altra norma art 1180cc, nelle obbligazioni ciascuno, anche un terzo, può adempiere al posto del debitore, e l’adempimento del terzo estingue l’obbligazione, e in questo caso, nell’art 1180, al di là di quelli che sono i rapporti tra debitore e terzo, l’adempimento del terzo estingue l’obbligazione. Quindi, per far si che egli abbia il diritto alla restituzione, è chiaro che il suo pagamento a colui che era creditore di qualcuno deve essere stato causato da un errore.
A differenza dell’arricchimento ingiustificato, sia nell’indebito soggettivo, sia nell’indebito oggettivo, le norme non richiedono un impoverimento di chi ha dato ed un arricchimento di chi ha ricevuto. Non si guarda all’incidenza che questa prestazione ha avuto sui rispettivi patrimoni. Per quale motivo? Di Majo dice, proprio il fatto che stiamo parlando di indebito, una prestazione che vuoi dal punto di vista oggettivo, vuoi dal punto di vista soggettivo, non è dovuta, fa sì che l’impoverimento o l’arricchimento siano considerati in re ipsa. E questo è molto importante sotto il profilo processuale, perché non devono essere provati, ma bisogna provare solo che vi sia stato l’indebito.

 

Applicazione di queste norme al diritto dei contratti

Il capitolo sulle restituzioni si apre proprio in questo modo, Di Majo ci dice subito che la materia delle restituzioni e della tutela restitutoria si applica sia quando il contratto viene meno per un vizio genetico, sia quando il contratto viene sciolto o risolto.

Allora l’autore fa subito un’osservazione, la distinzione non è priva di rilevanza perché quando il contratto viene meno per un vizio genetico,cioè quando viene annullato o viene dichiarato nullo o rescisso, sono evidenti i motivi per i quali bisogna restituire le prestazioni effettivamente eseguite, si tratta di un contratto che scompare dal mondo giuridico perché fin dall’origine non ci doveva proprio essere, perché presenta questo vizio genetico.

Invece, quando il contratto è esistito, e per un certo periodo ha avuto efficacia, allora in questo caso bisogna decidere se la causa di caducazione, di scioglimento, ha un effetto retroattivo o meno, perché è da questo che dipende se nasce l’obbligo di restituzione.
Abbiamo una norma espressa l’art 1463cc, avevamo già notato la particolarità della norma, che disciplina l’impossibilità sopravvenuta, ed è la norma che espressamente ci dice che la parte liberata ... deve restituire quanto già ricevuto, e lo deve fare secondo le norme della ripetizione di indebito.
L’art 1422cc qui si parla dell’imprescrittibilità dell’azione di nullità, salvi gli effetti della prescrizione delle azioni di ripetizione.

Di Majo ha rilevato la presenza di alcune contraddizioni. Ha osservato innanzitutto:

  • le norme sulla ripetizione dell’indebito, presuppongono come fattispecie tipica, che le due parti non siano mai venute in contatto giuridico, ma il loro rapporto nasce proprio in virtù della prestazione non dovuta, o soggettivamente od oggettivamente. Questo ci comporta delle difficoltà di questa applicazione delle norme della ripetizione dell’indebito.
  • Altro punto della sua riflessione, quando il contratto viene meno, sia per vizi genetici, sia per fatti soggettivi, il fatto che ci sia la necessità di restituire le prestazioni già eseguite la possiamo vedere come un effetto naturale di questo evento. Invece lui nota che questa ovvietà dell’obbligo di restituzione, non si concilia bene col fatto che la disciplina degli art 2033 e 2036 dà rilevanza agli stati soggettivi dell’accipiens, dà rilevanza al fatto che il soggetto si trovi in buona o mala fede, e questo soprattutto per i vizi genetici, quando abbiamo studiato la differenza tra regole di validità e regole di responsabilità, abbiamo detto che le regole di validità prescindono dalla mala fede, dalla responsabilità, dalla colpevolezza. Invece Di Majo fa un’osservazione, la norma mi dice applica le norme sull’indebito, allora io nell’applicare le norme cosa faccio?

Devo dare rilevanza ad uno stato soggettivo di buona o mala fede di colui che ha ricevuto la prestazione, lì lo stesso venir meno del contratto darebbe diritto alla restituzione a prescindere dalla buona o mala fede.

  • Altra osservazione che fa Di Majo, gli effetti verso i terzi, per quanto riguarda l’annullamento del contratto l’art 1445cc che sotto la rubrica effetti dell’annullamento nei confronti dei terzi ci dice che l’annullamento non pregiudica i diritti a titolo oneroso acquistati dai terzi in buona fede. Poi abbiamo l’art 1458cc per la risoluzione, comma II, che non pregiudica i diritti dei terzi, salvo sempre gli effetti della trascrizione della domanda. Anche questo, secondo l’autore, non si concilia bene con la disciplina dell’indebito, perché la disciplina dell’indebito non contiene alcun riferimento ai terzi, il suo ambito di applicazione è circoscritto tra chi ha dato e chi ha ricevuto indebitamente. Un’ulteriore discrasia di questo rinvio, è dato dalla regola secondo la quale il rischio per la distruzione del bene ricade sul proprietario. Ora lui fa l’esempio di un contratto di compravendita che è stato risolto, per cui l’applicazione di un tutela restitutoria, di una tutela di indebito, farebbe si che il bene che il venditore ha consegnato al compratore deve essere restituito al venditore, però supponiamo che il venditore abbia avuto solo una parte del corrispettivo, il venditore deve restituire la parte del corrispettivo, se nel frattempo il bene si è distrutto, il rischio che sta alla base dell’effetto traslativo della vendita, del principio consensualistico, si era trasferito sul compratore, se noi dobbiamo fare conto che questo contratto non è mai esistito (effetto retroattivo), restituzione dei beni perché il venditore torna ad essere il proprietario del bene, allora cosa accade? Che il rischio della distruzione del bene torna a ricadere sul venditore in quanto proprietario, ma lui nel frattempo deve restituire la parte del prezzo. Dice Di Majo, questo non è giusto perché il venditore risulterebbe ingiustamente penalizzato, e soltanto se il compratore è in mala fede noi potremmo applicare l’art 1492 cc, di cui abbiamo già parlato, sugli effetti della garanzia, il III comma, se la cosa consegnata è perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto, se invece è perita per caso fortuito o per colpa del compratore e se questi l’ha alienata o trasformata, questi non può che domandare la risoluzione del prezzo.

Allora possiamo risolverli questi dubbi che Di Majo e altra parte della dottrina hanno sollevato? Una prima tesi dice che il contraente inadempiente va parificato all’accipiens cioè a colui che ha ricevuto la prestazione in mala fede, nella normativa sull’indebito. Quindi in questo modo si potrebbe evitare la distinzione della norma, quindi la mala fede rileverebbe nel momento in cui vi è l’inadempimento. Di Majo non condivide questa idea e osserva che in realtà mala fede e colpa non possono essere né sovrapposti né assimilati. Perché buona fede e mala fede sono due stati soggettivi, condizioni psicologiche del soggetto. Invece la colpa è un parametro di tipo oggettivo, noi abbiamo accettato la teoria oggettiva della colpa, non è uno stato d’animo.

Un’ulteriore idea è stata sollevata da Castronovo, il quale ha ritenuto che un modo per dare un senso alla responsabilità lo possiamo trovare nell’art 2038 cc, chi avendo ricevuto la cosa in buona fede l’ha alienata prima di conoscere l’obbligo di restituirla è tenuto all’obbligo di restituire il corrispettivo conseguito. Il II comma dice che chi ha alienato la cosa ricevuta in mala fede o dopo che ha conosciuto l’obbligo di restituirla è tenuto a restituire in natura o a corrispondere il valore. Dice Di Majo, la tesi di Castronovo è quella più probabile, ma anche questa non risolve il problema che lui ha sollevato fin dall’inizio, cioè che la normativa sulla ripetizione dell’indebito presuppone sempre che un rapporto tra i soggetti non ci è stato perché invece se vi è stato un rapporto tra i soggetti gli obblighi restitutori non nascono nemmeno al momento della prestazione dovuta, ma nascono solo nel momento della caducazione, del venir meno del contratto. Qual è la conseguenza di questo ragionamento? Queste difficoltà hanno indotto la giurisprudenza a conciliare restituzioni e risarcimento considerando le restituzioni quando vi è responsabilità come un debito di valore, e quindi attirandole nel campo di applicazione del risarcimento del danno. La critica che Di Majo muove parte dal presupposto che la disciplina dell’indebito considera l’obbligo di restituzione da solo indipendente da eventuali rapporti, proprio perché nasce in quel momento ha ad oggetto quella prestazione e null’altro, non si inserisce in un contesto giuridico più ampio dove si inseriscono altri rapporti giuridici inter partes. Invece, noi dobbiamo fare i conti con il sinallagma, con l’esistenza di un vincolo di reciprocità, non possiamo invece considerare da sole queste prestazioni, che cosa accadrebbe? Supponendo che avevamo questo contratto: la prestazione di A verso B e di B verso A, che è stato eseguito in tutto o in parte, il contratto si risolve, rimangono gli obblighi restitutori, A deve restituire a B quello che ha ricevuto e viceversa, questi obblighi secondo la restituzione dell’indebito dovrebbero essere del tutto autonomi l’uno dall’altro, supponiamo che la prestazione che A deve a B è diventata impossibile, se le due prestazioni di restituzione sono indipendenti ( come la disciplina dell’indebito ci porta a dire) allora l’altro è comunque tenuto alla prestazione di restituzione, l’impossibilità della restituzione non avrebbe effetto sull’obbligazione di restituzione dell’altra parte, perché non abbiamo più la corrispettività. Allora c’è questa teoria tedesca, la saldo theorie secondo la quale si potrebbe fare una sorta di conguaglio per cui si detrae quel valore di obbligazione che non viene più eseguita. Dice Di Majo, anche la saldo theorie non ci serve a nulla, perché lui è convinto che comunque le restituzioni devono seguire la disciplina del contratto. Non si può più parlare di vero e proprio sinallagma perché questo è venuto meno, bensì di una reciprocità.
La saldo theorie proponeva un conguaglio nell’ambito della restituzione tra quello che eventualmente non si era più potuto dare andava a scontare il valore di restituzione a carico dell’altra parte. Di Majo dice il contratto alla fine ha comunque un’influenza, visto che c’era un contratto prima, ha influenza anche sugli obblighi di restituzione.

 

Diritto contrattuale europeo

Di Majo si chiede, qual è la direzione che stiamo prendendo adesso?
Si comincia ad intravedere anche un’altra conclusione, e cioè che l’autore non condivide i sistemi retrospettivi di risoluzione, ma i prospettivi, ed infatti dice l’ordinamento europeo si pone proprio in questa tendenza, cioè di andare a collegare le obbligazioni di restituzione come conseguenza del fatto che un contratto sia esistito

 

tra le parti, piuttosto che come applicazione della disciplina della ripetizione dell’indebito.
Allora noi abbiamo due punti: - i principi unidroit
- i principi di diritto contrattuale europeo

  • Per i principi unditroit la restituzione è un effetto diretto dello scioglimento del contratto, però è inserito in questi principi una condizione di reciprocità ovvero l’articolo 7.3.6 “Risolto il contratto, ciascuna delle parti può pretendere la restituzione di tutto ciò che essa abbia fornito, a condizione che a sua volta contestualmente restituisca tutto ciò che ha ricevuto. Se non è possibile o appropriata la restituzione in natura, la restituzione deve essere fatta per equivalente in denaro, sempre che ciò sia ragionevole.” Questo è qualcosa che nella disciplina dell’indebito non c’è, i principi unidroit guardano al contratto e non all’indebito. E poi il secondo comma è analogo alla norma sui contratti a esecuzione continuata e periodica che c’è nel nostro ordinamento “Tuttavia, qualora l’adempimento del contratto si sia protratto nel tempo ed il contratto sia divisibile, la restituzione può essere pretesa solo per il periodo di tempo successivo alla risoluzione del contratto.”
  • La caratteristica che ci mette in evidenza Di Majo sui principi di diritto europeo dei contratti è quella di dare maggiore peso al venir meno della causa o della consideration, in ogni caso quello che si guarda di questi principi è soprattutto il fatto che in realtà è venuta meno la giustificazione delle prestazioni. Anche questi principi contengono la condizione di reciprocità, l’art è il 9.309 per cui la restituzione o della prestazione, dei beni o di una somma di danaro, può essere chiesta a fronte dell’offerta di restituire la propria prestazione. Anche qui c’è la regola dell’equivalente per valore.

 

Arriviamo, infine, alle conclusioni di Di Majo:

  • Le restituzioni contrattuali sono un effetto del contratto e vanno regolate dal contratto e non dalla disciplina dell’indebito.
  • Abbiamo analizzato che ci sono due possibilità di considerare gli effetti della risoluzione, nei sistemi retrospettivi la risoluzione ha un’efficacia retroattiva, si torna indietro e si fa come se il contratto non fosse mai esistito. Nei sistemi prospettivi, non hanno la regola della retroattività, il contratto viene considerato valido e produttivo di effetti fin quando si verifica una causa di scioglimento, dato che comunque bisogna tener conto delle prestazioni effettuate e non dovute, allora si introducono delle obbligazioni restitutorie, ma che come abbiamo detto già nel primo punto sono un effetto del contratto. Ciò non toglie, dice l’autore, che noi comunque possiamo applicare la disciplina della tutela restitutoria, quella prevista dal codice, precisamente l’azione di arricchimento ingiustificato

 

quando è necessario tutelare una delle parti che non ha potuto godere della prestazione rispetto all’altra. Ci fa un esempio un contratto di locazione in cui una parte, il conduttore non ha versato il canone ma ha goduto dell’immobile, in questo caso non è che uno si può restituire una prestazione che non è una prestazione di dare, ma, per tutelare l’interesse di chi comunque è stato posto in una situazione di svantaggio, si può andare a quantificare questo interesse secondo le regole dell’arricchimento ingiustificato.

  • Nel contratto, le obbligazioni di restituzione sono un effetto del contratto e non riguardano la normativa dell’indebito, ciò significa che queste prestazioni (cioè l’obbligo delle restituzioni) nascono nel momento in cui il contratto viene meno, e questo è importante perché i termini di prescrizione o anche un’eventuale disciplina della responsabilità per l’inadempimento viene ad essere guardata a partire dal momento in cui il contratto si è risolto. Quindi il termine di prescrizione inizierà a decorrere da quel momento. L’autore da molto spazio al codice francese e tedesco, e come questi trattano la materia delle restituzioni.

Domanda: Come mai l’articolo 2034cc che tratta delle obbligazioni naturali sta lì e non sta nella disciplina delle obbligazioni?
Perché l’obbligazione naturale non è un’obbligazione vera e propria, è una norma che sancisce la irrepitibilità (questo è il legame con le ripetizioni), si esclude dalla disciplina della ripetizione dell’indebito quelle prestazioni che pur senza un vincolo obbligatorio pre-esistente sono state date in adempimento di un dovere morale o sociale. Si parla normalmente delle obbligazioni tra conviventi, sono delle obbligazioni naturali, la giurisprudenza così le risolve, a differenza del rapporto tra marito e moglie, dove la prestazione di mantenimento è obbligatoria in virtù del matrimonio, perché c’è l’art 143 i conviventi non possono pretendere il mantenimento, perché non c’è matrimonio, se c’è convivenza comunque c’è uno

 

scambio di prestazioni, in questo caso lo scioglimento della convivenza sarebbe un indebito, però poiché adesso il rapporto di convivenza more uxorio (convivenza di fatto) è considerato meritevole di tutela dall’ordinamento, si ritiene chi mantiene il proprio convivente sta adempiendo un dovere sociale o morale, quelle prestazioni io convivente non le posso pretendere, ma se me le date non le potete più riavere indietro. Non c’è azione per ottenerle, e non c’è azione di ripetizione.

Il caso di Piazza Dante

L’avvocato era Correra che dava consigli giuridici, che responsabilità si configura in questo caso? Contrattuale o extracontrattuale? Oggi con le varie correnti dottrinarie potrebbero essere entrambi, bisognerebbe vedere nel caso concreto se la prestazione era occasionale oppure se le modalità attraverso le quali si è svolto il rapporto hanno
legittimato il sorgere dell’affidamento di colui che stava chiedendo la prestazione. Bisognerebbe vedere caso per caso.
Supponiamo che l’avvocato Correra a Piazza Dante aveva varie persone che gli si avvicinavano e chiedevano consiglio, allora in questo caso potrebbe suggerire al giudice che l’avvocato dispensava attività professionale abitualmente. Quindi c’è un confine oltre il quale la teoria si ferma, e bisogna applicare la teoria ai casi concreti.

 

 

 

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